Mindful eating,  Mindfulness

La mindful eating

Partiamo dal presupposto che in questo contesto non si daranno consigli nutrizionali; ci sono già fin troppi esperti o presunti tali sparsi per la rete. L’obiettivo di questo articolo è quello di portare l’attenzione all’atteggiamento mentale alla base dell’atto della nutrizione.

Qual’ è lo stato mentale che noi abbiamo nel momento in cui cominciamo a mangiare?

Siamo sereni, tranquilli e ci godiamo il nostro pasto? Oppure portiamo tutta l’agitazione della giornata, siamo con il corpo teso, pronto ad allontanarsi immediatamente, mangiamo in fretta e male?

Molto probabilmente è la seconda opzione. Questo può sembrare un problema da poco, ma in realtà il nostro splendido corpo, il nostro splendido organismo, ha dei meccanismi che risalgono all’alba dei tempi.

Se noi siamo agitati, arrabbiati, o in uno stato d’ansia, anche se questo stato d’ansia è per un contesto non reale, fittizio, scatta un meccanismo che risale a tantissimi anni fa.

Il meccanismo di “lotta e fuga“.

Questo meccanismo ci permetteva di sopravvivere a momenti di pericolo, fuggendo o affrontando il nemico, ed era legato alla nostra sopravvivenza. Ora, riflettiamo bene: in un contesto di pura sopravvivenza, l’apparato digerente è un apparato importante o piuttosto diventa un apparato di serie B?

Diventa un apparato di serie B perché in un contesto di fuga la digestione non è importante. In un contesto del genere, l’attività metabolica del corpo si concentra su tutto ciò che può servire alla fuga e alla sopravvivenza: qualsiasi cosa che può farci correre più veloce, saltare più in alto, acquisire più forza, sentire meno dolore, sanguinare di meno. Non certo la digestione.

Ora, pensate di mettervi a tavola con quel meccanismo in qualche modo innescato. Come pensate che avverrà la vostra digestione? Ovviamente, la digestione sarà compromessa dal principio, sarà rallentata e sarà compromesso anche l’assorbimento dei valori nutrizionali di quello che abbiamo mangiato.

La mindful eating

Che cosa dobbiamo fare, quindi? O meglio, cosa dovremmo fare? Dovremmo educarci nuovamente a un’alimentazione consapevole. Certe volte basta veramente andare a vedere le antiche culture orientali: loro facevano dell’atto del pasto un momento sacro, consapevole.

Ringraziavano per quello che facevano, davano importanza a quello che facevano perché, parliamoci chiaro, se noi per primi non diamo importanza a quello che facciamo, perché dovrebbe farlo il nostro corpo? Se per noi il pasto non è importante, se il pasto è qualcosa che va fatto di corsa e con superficialità, dandolo per scontato, perché il nostro corpo dovrebbe considerarlo importante?

Ecco che entra in gioco la Mindful eating, cioè l’alimentazione consapevole. Dobbiamo cominciare a vivere anche l’atto del pasto come una meditazione, una cerimonia. Da quando ci mettiamo seduti, cominciamo ad osservare il piatto, sentiamo gli odori, vediamo i colori degli alimenti e poi, quando introduciamo l’alimento in bocca, percepiamo la corrispondenza tra olfatto e gusto, la consistenza in bocca, la masticazione e la deglutizione.

Solo così potremo cominciare nuovamente ad essere consapevoli di quello che stiamo mangiando, vivendolo con gratitudine, senza darlo per scontato

Emanuele De Marchi