La giusta attitudine alla pratica
Spesso, iniziamo la pratica con un obiettivo in mente, come ad esempio stare meglio. Però, se ci pensiamo bene, l’obiettivo della meditazione, qual è? È quello di avere una mente mindful, consapevole, che vive nel qui e ora, e quindi un non obiettivo.
Nel momento in cui noi partiamo con un obiettivo, noi già siamo proiettati verso un futuro, proiettati in avanti. E quindi, da questo punto di vista, potremmo dire che non stiamo facendo meditazione, stiamo agendo concettualmente all’opposto di quello che la meditazione rappresenta.
Riflettiamoci bene, questo atteggiamento da cosa è dovuto?
È dovuto alla non accettazione, il non accettare lo stato in cui ci troviamo. E qui contravveniamo ad uno dei pilastri della mindfulness, e cioè l’accettazione.
Il non accettare è legato al nostro ego, che ci dice no!!! A me non piace tutto questo, non mi sta bene, perché proprio a me!!!
Ecco però, che si viene a creare quel clima di ostilità, nei confronti del contesto e di noi stessi.
Quindi, facendo pratica con questo atteggiamento mentale, non faremo altro che alimentarlo.
Quando c’è di mezzo l’ego, questo è insaziabile, incontentabile. All’ego non sta mai bene niente.
Quindi non saremo mai e poi mai contenti del risultato ottenuto, di un risultato poi, che non dovremmo nemmeno cercare, perché non è il fine ultimo della meditazione.
È importante cambiare atteggiamento mentale, approcciarsi alla pratica con curiosità ed amore verso noi stessi.
Voi direte, curiosità? Si, la curiosità di un bambino. Una curiosità, pulita, ingenua, senza aspettative. Un bambino privo di aspettative e quindi dell’ego, non rimarrà mai deluso. Ogni scoperta sarà sorprendente.
E per cominciare ad avere questo atteggiamento nei confronti della meditazione, dobbiamo per prima cosa, cominciare ad averlo nei confronti della vita.
Non è facile, perché significa innanzi tutto, fare un lavoro di auto consapevolezza, un profondo percorso interiore, che riporterà a galla, quello che abbiamo in qualche modo rimosso, seppellito nella sabbia.
È proprio quello che non ci piace ad alimentare il nostro ego, è quel profondo senso di insoddisfazione che si ripercuote poi nella nostra quotidianità.
Impariamo quindi, a riportare a galla, ad accettare e lasciar andare.
Non è un compito facile, richiede pazienza, pratica e dedizione. La consapevolezza non si sviluppa dall’oggi al domani, ma è un processo graduale che necessita di un costante impegno. Per fare questo, è essenziale iniziare a osservare i nostri pensieri e le nostre emozioni senza giudizio, con una mente aperta e curiosa.
La curiosità di cui parlo non è la curiosità intellettuale che cerca di analizzare e comprendere razionalmente, ma una curiosità pura, simile a quella di un bambino che scopre il mondo per la prima volta. Questa curiosità ci permette di esplorare le nostre esperienze interiori con meraviglia e accettazione, senza attaccarci ad esse o respingerle. In questo modo, ogni momento diventa un’opportunità per imparare e crescere.
Quando pratichiamo la meditazione con questa attitudine, iniziamo a notare che il nostro benessere non dipende tanto dalle circostanze esterne, quanto dalla nostra capacità di essere presenti e di accogliere ciò che c’è. La vera libertà non è l’assenza di difficoltà, ma la capacità di vivere pienamente ogni esperienza, positiva o negativa che sia, senza lasciarci sopraffare dall’ego.
È importante ricordare che il percorso della consapevolezza non è lineare.
Ci saranno momenti di chiarezza e momenti di confusione, momenti di pace e momenti di turbolenza. Questo fa parte del processo. Non dobbiamo scoraggiarci quando incontriamo delle difficoltà, ma vederle come parte integrante del nostro viaggio. Ogni ostacolo è un’opportunità per rafforzare la nostra pratica e approfondire la nostra comprensione.
Un altro aspetto fondamentale della giusta attitudine alla pratica è l’amore verso noi stessi. Spesso, siamo i nostri critici più severi, sempre pronti a giudicarci e a punirci per i nostri errori. Ma la pratica della mindfulness ci insegna a trattarci con gentilezza e compassione. Quando sbagliamo, invece di rimproverarci, possiamo chiederci: “Cosa posso imparare da questa esperienza? Come posso crescere da questa situazione?”. In questo modo, ogni errore diventa un’opportunità di crescita e di sviluppo personale.
Oltre la pratica formale
Infine, dobbiamo ricordare che la meditazione non è una pratica isolata, ma deve essere integrata nella nostra vita quotidiana. Non basta sedersi sul cuscino per 20 minuti al giorno, se poi il resto del tempo lo passiamo in balia dei nostri pensieri e delle nostre emozioni. La vera pratica è quella che portiamo con noi in ogni momento della nostra giornata, in ogni azione, in ogni interazione. Solo così potremo veramente trasformare la nostra vita e raggiungere un autentico stato di benessere e di pace interiore.
Conclusioni
In conclusione, la giusta attitudine alla pratica della meditazione è quella di un’osservazione curiosa e senza giudizio, un’accettazione piena di amore e compassione verso noi stessi e una costante integrazione della consapevolezza nella nostra vita quotidiana. Solo così potremo veramente sperimentare i benefici profondi e duraturi della pratica meditativa.
Emanuele De Marchi


