Reiki Ryoho,  Simboli

I Simboli nel Reiki, analisi storica ed etimologica

I simboli nelle pratiche spirituali giapponesi

Diversi sono i simboli utilizzati all’interno dei sistemi spirituali giapponesi e non è un caso che anche Usui li abbia introdotti nel suo sistema.

Visti ormai come strumenti esterni, oggetti magici dalla propria coscienza, che richiedono uno specifico rituale per poter essere attivati, non potremmo essere più lontani dal vero significato che hanno all’interno delle discipline e nel nostro caso della disciplina Reiki.

I simboli non hanno un potere proprio ma sono strumenti, e come tali, il loro potenziale viene espresso solo nel momento in cui vengono padroneggiati, come conseguenza di un processo di interiorizzazione. Strumenti che ci vengono in aiuto per riscoprire il nostro vero sé, la nostra luce interiore.

Come esempio potrei citare la pratica spirituale chiamata Ajikan, si basa sulla capacità, sul potere immaginativo della mente, su un tipo di visualizzazione che porta col tempo a diventare un tutt’uno con il simbolo अ (A in sanscrito) e con l’universo.

Durante la pratica, porti l’attenzione su questo simbolo अ ed inizi a interiorizzarlo in modo da diventare tu stesso il simbolo. Allo stesso tempo reciti il suono A più volte e per un massimo di 45 minuti per sessione Porto come esempio questo tipo di meditazione proprio perché risulta evidente, come non venga attribuito alcun potere alla simbologia, ma piuttosto un significato, una sacralità, che però si manifesta solo nel cuore e nella mente del praticante.

È importante notare come questa pratica non si basi solo su fasi immaginative, interagendo con la sillaba अ solo ad un livello puramente visivo e visualizzativo. La sillaba in quanto tale, per esprimere a pieno il suo potenziale deve essere cantata, proprio come un mantra, con il quale si entra progressivamente in risonanza, fino a diventare noi stessi cassa di risonanza, noi stessi la sillaba अ.

I simboli non devono essere visti come strumenti esterni, ma interiorizzati così come la tradizione spirituale giapponese insegna, ed è proprio da qui che dobbiamo partire per comprenderne e liberarne il pieno potenziale. 

I simboli Reiki, estensione dei 5 principi

Il Reiki nel secondo livello mette a disposizione i simboli come ulteriore strumento di meditazione e focalizzazione, per aiutare il praticante a concentrarsi sui vari aspetti dell’energia e dare forza al proprio intento. I simboli a cui mi riferisco sono tre: Choku Rei, Sei Heiki, Hon Sha Ze Sho Nen.

Mi soffermerò inizialmente sul terzo perché è quello che reputo più importante e rappresentativo per esprimere il mio concetto. Volendo essere precisi, non è un simbolo ma un insieme di kanji che racchiudono un significato essenziale per qualsiasi praticante.

Qui abbiamo le traduzioni più disparate, da non c’è tempo e non c’è spazio (che avrebbe anche un senso) a colui che cavalca il vento. Ed utilizzi più fantasiosi per mandare energia nel passato o nel futuro, andando contro il concetto stesso del simbolo.

Hon Sha Ze Sho Nen

本 Hon: radice, fonte

者 Sha: uomo, persona

是 Ze: giusto, corretto, proprio così

正 Sho: corretto, giustizia, esattamente, certamente 

念 Nen: consapevolezza, pensiero, attenzione

La retta consapevolezza/retto pensiero è l’essenza dell’essere

 Sho nen significa retta consapevolezza, il fine ultimo e quindi l’obiettivo che ogni praticante dovrebbe perseguire. Rappresenta l’unità, ci dice che non c’è distanza, tutti noi siamo interconnessi, tutti immersi nel campo chiamato Rei del quale condividiamo costantemente informazioni essenziali nel nostro processo evolutivo.

Ma quando tutto ciò? Esattamente adesso, o per meglio dire nel qui ed ora, ma il problema è che non ne siamo più consapevoli, o comunque siamo poco partecipi di questo fluire, perché schiacciati da preoccupazioni che ci rendono poco attenti, e ci proiettano verso ciò che ipoteticamente potrebbe accadere, oppure ci mantengono bloccati in eventi passati che per loro definizione non esistono più.

HSZSN serve proprio a ricordarci questo, tutto avviene nel qui ed ora. Personalmente considero questo «simbolo» il più importante dei tre perché ciò che esprime attraverso pochi kanji va a dare forza a ciò che gli altri due rappresentano.

 Choku Rei

Comunemente consideriamo Choku Rei, un simbolo di potere. Basta semplicemente osservarlo, analizzare la sua struttura a spirale, perché richiami in noi il concetto di radicamento ed un forte legame con la madre terra, dalla quale appunto noi veniamo e nella quale possiamo affondare le nostre radici per ergerci verso il cielo.

Ma cosa significa simbolo di potere? Utilizzarlo ci dà appunto qualche sorta di potere magico? Questo simbolo rappresenta il potere, la capacità di ognuno di noi, di manifestare e plasmare la propria realtà, passando dal pensiero all’azione.

Se è vero, infatti, che il pensiero e soprattutto lo stato d’animo ad esso legato è energia, per poterla manifestare è necessario che tale pensiero venga messo in atto ed espresso attraverso l’azione.

Il nome Choku Rei: ちょく

Choku 直 In questo Kanji il termine choku è sinonimo di: corretto, giusto, diretto 勅 in questo Kanji invece, è sinonimo di editto imperiale れい o レイ

Rei 霊 Questo Kanji è sinonimo di spirito

例 in questo caso può essere anche sinonimo di abitudine

令 Qui invece può significare ordine, decreto, comando

Avremo quindi 直 霊 Spirito diretto

直 例 Corretta abitudine

直 令 Ordine diretto 

勅 令 Per ordine dell’imperatore

In un contesto di insegnamento tradizionale giapponese, spirito diretto risulta sicuramente la traduzione più consona e rappresentativa. Possiamo comprendere come Choku Rei, indichi davvero il nostro vero Sé, la nostra essenza, il nostro Reiki, il nostro Sé Divino. Questo è il reale motivo per cui viene insegnato nel livello Okuden, perché è un livello interiore che appunto, spinge a guardare sempre più in profondità.

Nell’insegnamento più puro Choku Rei veniva insegnato come pratica interna, lavorando ed intonando il mantra, più e più volte, fino a risvegliare l’essenza del Choku Rei all’interno del praticante. Solo successivamente, per andare incontro alla difficoltà di alcuni allievi nel focalizzare la mente, Usui introdusse il simbolo, la parte visiva.

Ma col tempo il mantra ed il simbolo sono stati considerati sempre più come una pratica esterna. Se qualcuno tracciasse il simbolo su di me, questo non mi farebbe riscoprire il Choku Rei che è in me, perché solo io posso farlo. E lo stesso discorso nel momento in cui io utilizzassi il simbolo nel trattare un altro.

Utilizzare il simbolo con l’idea di proiettarlo realmente sull’altro, è bias mentale, che non solo non sortisce alcun effetto, ma va anche contro la filosofia del simbolo stesso. Se lo utilizzo all’interno di un trattamento, devo farlo con lo scopo di risvegliare in me una specifica qualità che eventualmente posso mettere a servizio dell’altro. IO SONO CHOKU REI

Sei He ki / Sei Hei ki

Il Sei He ki viene definito simbolo dell’armonia ed utilizzato principalmente come ausilio nei trattamenti mentali. Anche in questo caso andando ad analizzare il nome si può comprendere molto su ciò che esso rappresenti. Spesso tradotto in occidente come io ho la chiave ma, personalmente, la trovo una traduzione molto fuorviante, arrogante e pericolosa.

Il Kanji SEI 性 in quanto tale, racchiude in sé diversi significati, e se dovessimo scriverlo utilizzando il sillabario Hiragana, avremmo:

せい sesso, genere.

さが natura, caratteristica.

Il Kanji HEKI 癖 racchiude anch’esso diversi significati.

Anche qui ci possiamo affidare al sillabario Hiragana:

へき abitudine, tendenza, tratto insolito, ma anche pregiudizio o cattiva abitudine

SEI HEKI 性 癖 si può quindi tradurre come inclinazione o caratteristica.

Questo simbolo viene anche chiamato Sei HE(i)KI 聖 平 気

Sei 聖= sacro

He (i) Ki 平 気= calma, compostezza in questo caso invece,

Sei rappresenta qualcosa di sacro, e quindi acquista il significato di compostezza spirituale. Tutti noi abbiamo un desiderio innato di ricercare e trovare la felicità, ma erroneamente la ricerchiamo al di fuori. Il simbolo Sei Heki invece, serve a ricordarci che tale felicità risiede dentro di noi, la grande luce splendente.

Cantando il mantra Sei Heki col tempo ricordiamo proprio questo, la felicità è dentro di noi, ma per raggiungerla dobbiamo mettere a nudo la nostra vera natura. Il simbolo Sei Heki sottolinea che la nostra essenza è la natura del Buddha. Questo simbolo deriva dalla sillaba seme di Amida Buddha, che è chiamata hrih o kiriku.

Amida rappresenta il liberarsi da tutti gli attaccamenti, affinché la vera essenza possa emergere. Risulta evidente come questi simboli riconducano al concetto imprescindibile ed elemento fondante della disciplina Reiki, il qui ed ora. Personalmente considero CKR e SHK, due facce della stessa medaglia.

Abbiamo visto come SHK sia legato al concetto di compostezza, calma ed imperturbabilità. Ma come posso raggiungere e soprattutto mantenere questo stato mentale, se non c’è in me il radicamento? Ecco appunto come CKR e SHK siano complementari, non c’è calma se non c’è radicamento, e non c’è radicamento se non c’è calma.

Ma è qui che torniamo all’HSZSN, alla retta consapevolezza, che è al tempo stesso obiettivo e requisito fondamentale della disciplina Reiki. Ecco perché sento di affermare che I simboli nel Reiki siano un’estensione dei 5 precetti o anche un modo diverso di esprimere ciò che questi rappresentano.

È anche importante notare come, il Kanji Nen (parte del terzo simbolo) racchiuda in sé il kanji del kokoro

NEN 念= consapevolezza, attenzione, desiderio

KOKORO 心 = mente, cuore, spirito, anima, attenzione

A testimonianza della loro profonda connessione con l’aspetto più puro della disciplina

Emanuele De Marchi